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L'Ue: "Sono aiuti di Stato".
E Berlusconi attacca il ddl Gentiloni: "E' un piano criminale"
MARCO ZATTERIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
«Quello di Gentiloni non è un disegno di legge ma un piano criminale contro il capo dell’opposizione nelle sue proprietà private». Silvio Berlusconi torna a vestire i panni di gran capo di Mediaset e attacca il governo: «Sono sicuro che non troverà 160 complici che porteranno a realizzazione questo progetto criminale, un attacco fortissimo alle aziende della Fininvest mentre tutti vogliono favorire Murdoch.Lui ha 130 canali e nessuno lo tocca mentre a me, che ne ho solo 3, ne vogliono persino togliere uno».
Un Berlusconi visibilmente irritato anche per via della decisione della Commissione Ue che ieri ha ufficialmente dichiarato illegali i contributi alla diffusione dei decoder per il digitale terrestre concessi in Italia fra il 2004 e 2005, confermando che i fondi dovranno essere restituiti dagli operatori di settore perché sono stati loro ad avere «un vantaggio indiretto». A pagare dovranno essere La7, Fastweb e il gruppo del Biscione (la Rai si salva perché non è una pay per view), rivali sul mercato che d'un tratto si sono ritrovati uniti nella furia per la decisione di Bruxelles e nella volontà di opporsi all'eurosentenza. Prima, però, bisognerà che il governo definisca il quantum del rimborso che, per grazia degli interessati, sarà soltanto una parte dei 220 milioni di aiuti versati dallo Stato. È una condanna annunciata, significativa per il principio che afferma e per le sfumature politiche che porta con sé. Fu infatti il governo Berlusconi a varare il provvedimento, cosa che al momento animò un doppio fronte di polemica sul conflitto di interesse, non solo perché il premier già inventore della tv commerciale muoveva a vantaggio del piccolo schermo, ma anche perché a distribuire i decoder era la società Solari.Com, controllata da Paolo e Alessia Berlusconi. Il contributo era stato di 150 euro pro capite nel 2004 e di 70 nel 2005. L'Antitrust nazionale, incaricato di pronunciarsi sul caso, decise comunque che non c'erano state irregolarità nell'esercizio delle funzioni dell'allora premier.
Il vizio è stato un altro, almeno a sentire la Commissione Ue, che ha aperto la sua inchiesta dopo una denuncia di Sky Italia. Il contributo al digitale terrestre, registra la sentenza, ha costituito un elemento di svantaggio per gli operatori terrestri e satellitari, semplicemente perché incentiva la scelta del decoder rispetto all'installazione della parabola. Spiega Neelie Kroes, responsabile per la Concorrenza, che «l'esecutivo è favorevole alla transizione alla tv digitale e non si oppone un'azione di pubblico sostegno purché sia in linea con le regole per gli aiuti di stato». Tuttavia, «non accettiamo interventi che creino inutili distorsioni di concorrenza fra le piattaforme». Cosa che, secondo Bruxelles, si è verificata nel caso italiano.
Ovviamente Mediaset non è d’accordo e annuncia ricorsi «in tutte le sedi» per una delibera «priva di fondamento». «I contributi hanno certamente assicurato vantaggi ai consumatori - affermano fonti del Biscione -, ma non hanno avuto alcun beneficio sul conto economico delle società, a cui non può quindi essere richiesta alcuna restituzione. Non a caso non era mai successo che la Commissione imponesse restituzioni a soggetti che non hanno beneficiato di aiuti di Stato». Al contrario, la richiesta di rimborso «costituisce un vantaggio competitivo per Sky, che opera in Italia in regime di monopolio». L'elemento positivo della vicenda è che Bruxelles ha dato semaforo verde per gli aiuti concessi nel 2006 ai consumatori sardi e valdostani per consentire l'acquisto di decoder, giudicandoli «neutri dal punto di vista tecnologico». Il piano di sviluppo locale delineato dal governo può pertanto andare avanti, ma d'ora in poi, nessuna decisione dovrà essere presa senza il bollino verde Ue.
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