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COSì NON FACEVAN TUTTE (così è se anche non vi pare)
E adesso, dopo l’analisi emotiva e quella tecnica del dispositivo, in attesa delle motivazioni della sentenza di Napoli e di una qualche decisione dal Tnas ancora in riserva, proviamo a valutare criticamente quanto successo solo qualche giorno fa.
Hanno poco da sostenere tutti quanti che l’Inter non debba gioire troppo di questo risultato.
Dalle pagine del Corriere della Sera, Sconcerti ammonisce che ‘nessuno ha grande autorità per dare lezioni morali a nessuno’. Viene da chiedersi verso chi si permetta di formulare un tale monito.
Non solo. Lo sconcertante Sconcerti, a quanto pare eponimo di se stesso, consiglia pure all’Inter, stavolta espressamente menzionata, ‘di non entrarci’ in questa storia, in quanto ‘non è di sua competenza’, poiché ‘lo scudetto 2006 non l’ha chiesto, bensì le è stato dato’.
Bontà sua, Sconcerti.
Peccato che in ballo siamo stati tirati per i capelli, da tempo e pure a forza.
Quindi, il suo consiglio suona falsamente premuroso, tardivo e fuori luogo. Oltre che spassoso.
E che dire poi del suo sbigottimento attonito a notizia appena appresa dai microfoni di Sky: ‘’non capisco, ma anche l’associazione? anche l’associazione è stata riconosciuta?’’
Beh, la resipiscenza tardiva da intellettuale del non pensavo sarebbe andata così male dissimula la sua costernazione, quella sì vera, del primo momento. Quella palpabile dai microfoni.
Quella costituisce per noi una sorta di contrappasso risarcitorio: per tutte le volte in cui ci è toccato sentirla profondersi in mille asseverazioni al vetriolo contro i colori nerazzurri, beandosi del suono stesso della sua voce. Sempre così sicuro delle sentenze. Le sue.
Ma torniamo a questioni più importanti.
I FATTI DIMOSTRATI COMPROVANO L’ESTRANEITA’ DELL’INTER AL SISTEMA CRIMINALE
La sentenza del Tribunale penale di Napoli ha sancito qualcosa di obiettivo, che solo la sicumera di difensori di parte e di cronisti, ugualmente di parte, dava ad intendere sarebbe stato abbattuto.
E cioè l’esistenza di un sistema criminale.
L’impianto accusatorio è stato integralmente provato.
Allo stesso modo, hanno retto i risultati investigativi. Resistendo ad ogni urto e spallata delle difese, come alla processione degli smemorati testimoniali con le loro improvvide amnesie in aula.
Su tale materiale si erano basate le sentenze sportive: quelle tacciate sino a ieri di ‘sommarietà’, per intenderci.
Ora, pensando al giudizio sportivo dopo questa falcidia di condanne penali, la sommarietà risulta semmai evidente in senso opposto: cioè, quale frettolosa accondiscendenza del sistema ad un giudizio veloce, per lasciarsi quanto prima alle spalle l’onta dello scandalo.
Così, sembra oggi inappropriata la sanzione della mera retrocessione di categoria, in luogo della radiazione, comminata alla squadra che ha per anni fondato il proprio dominio sportivo in campo nazionale su di un centro di potere delinquenziale organizzato in forma associativa.
Perché il processo di Napoli ha stabilito non si è trattato solo di illeciti sportivi. Ma di una vera e propria cupola criminale, impiantata stabilmente nel tessuto connettivo calcistico.
Sul piano dei fatti, e pur tenendo conto della natura interlocutoria della sentenza a livello processuale, questa resta una realtà incontrovertibile.
Una verità incontestabile sia in riferimento alle condotte, che alla precisa individuazione delle persone che le hanno commesse.
Fatte salve le poche assoluzioni di personaggi marginali, che non scalfiscono in nulla il teorema requirente.
Ciò significa, allora, che non si è trattato dell’azione arbitraria portata avanti da toghe impazzite solo contro qualcuno, inspiegabilmente favorendo altri e nascondendone le equipollenti colpe, per imperscrutabili disegni persecutori o di connivenza, a seconda dei punti di vista.
Il complotto fomentato da intenti eversivi e volto a destituire chi era insediato in vetta per meriti sanciti dal campo è ormai favola che raccontano solo i pinocchi dal naso lungo …
Eppure, c’è ancora chi si sforza di parlare di ‘scheletri nell’armadio nerazzurro’.
Evidentemente, continuando a dimostrare di non capire molto di diritto.
Perché il dispositivo di Napoli ha dimostrato l’assoluta infondatezza delle condotte asseritamente attribuite ai dirigenti dell’F.C. Internazionale dal collegio difensivo degli imputati, con una tattica discutibile nel merito processuale e prim’ancora nelle sue premesse deontologiche.
Un collegio di avvocati che pareva una task force per l’acume delle scelte strategiche ed il dispiegamento di mezzi, ma che, a verdetto ancora caldo, ha già registrato il malcontento di uno degli imputati eccellenti, Paolo Bergamo, pronto a dolersi della tattica del ‘così fan tutte’.
Quella che ci era stata propinata come la regina delle strategie.
Una tattica con cui siamo stati mediaticamente bombardati per mesi e mesi.
Che avrebbe picconato, pezzo dopo pezzo, le tesi d’accusa. Ma che si è sgretolata sotto i suoi stessi colpi.
Perché così NON facevano tutte. In realtà.
LA MANCATA TRASMISSIONE DEGLI ATTI IN PROCURA
Al netto di speculazioni difensive rimaste disattese, se il dibattimento avesse dimostrato, anche solo a livello di tentativo fallito (si noti bene), il coinvolgimento eventuale di altre persone nelle condotte che sono state oggetto di vaglio puntiglioso, trattandosi di fatti penalmente rilevanti il Tribunale di Napoli avrebbe imposto a chi di dovere una valutazione dell’esercizio dell’azione penale, stante la sua obbligatorietà.
Si ricorda, infatti, anche a chi con il diritto continua a dimostrare di avere problemi di elementare comprensione, che in caso di eventuali condotte poco chiare accertate all’interno di un dibattimento viene sempre ordinata la trasmissione degli atti di causa alla Procura della Repubblica.
La Presidentessa Casoria, sino all’altro giorno impavida eroina degli juventini, avrebbe dunque immediatamente provveduto a richiedere accertamenti penali anche a carico delle ulteriori persone risultate coinvolte, alla luce della documentazione prodotta dall’esimia difesa (le mirabolanti intercettazioni insabbiate dagli inquirenti).
E questo, al netto di ogni eventuale calcolo prescrizionale, stante la doverosità quantomeno della trasmissione degli atti per le valutazioni del caso.
Se ciò dunque non è stato invece deciso, allora significa che contro l’F.C. Internazionale ha avuto luogo soltanto una vergognosa campagna denigratoria, finalizzata a scopi opportunistici e biasimevoli.
Da parte di chiunque vi ha contribuito, nessuno escluso.
Lo si può affermare senza neppure dover attendere le motivazioni della sentenza, visto che l’anzidetta trasmissione degli atti in Procura sarebbe stata enunciata nel dispositivo, quello pronunciato in aula.
Juventini, siete ovviamente autorizzati a gridare all’ennesimo complotto: ad opera della ‘vispa Teresa’, stavolta …
IL PARITETICO TRATTAMENTO E LA DOVEROSA REVISIONE DELLA RELAZIONE PALAZZI
Dunque, appare oggi destituito di fondamento ogni velleitarismo revisionista in sede sportiva fondato su una invocata ‘parità di trattamento’.
Come già spiegato, la parità presuppone innanzitutto l’identità di situazioni da sottoporre ad identico trattamento.
Ed ora più che mai, risulta improponibile qualsiasi accostamento.
Perché il dispositivo penale ha implicitamente stabilito che non vi furono altre persone coinvolte in quelle concertazioni criminali: né a livello di risultati e neppure di tentativo mal riuscito.
E non è possibile allora pretendere la revisione sportiva, pure a fronte di situazioni che fino a ieri si strepitava fossero omologhe ed oggi hanno appena subito, invece, due destini diametralmente opposti.
Adesso, forse, sarebbe il caso di richiedere da parte dell’Inter una puntualizzazione espressa di questo aspetto davanti al Tnas.
Visto che c’è chi ancora pretende discutere di qualcosa proprio in sede sportiva.
Non sappiamo se l’F.C. Internazionale abbia o meno formulato una richiesta in via riconvenzionale per la cancellazione della Relazione Palazzi, come abbiamo a suo tempo suggerito.
Essa era tecnicamente possibile all’atto della costituzione in giudizio.
I presupposti giuridici di una tale richiesta c’erano e ci sono tutti, attesa la natura quantomeno ‘eccentrica’ di un atto con cui il Procuratore federale si è preso la briga di ‘ipotizzare’ imputazioni senza seguito, vista la già maturata prescrizione, ma soprattutto in quanto formulate a carico di chi si sapeva già non si sarebbe mai potuto difendere da esse.
Quella relazione costituisce dunque un abominio giuridico, tecnicamente censurabile per ‘abnormità’.
E la sede per presentare una tale censura è stata offerta proprio dalla convocazione a giudizio in sede sportiva avanti al Tnas.
LO SPARTIACQUE DELLA SENTENZA DI NAPOLI
Ma, anche qualora l’Inter non avesse da subito deciso di percorrere una linea difensiva votata al contrattacco, adesso dovrebbe comunque chiedere di ridiscutere i termini della questione. Partendo proprio dalla relazione Palazzi.
Perché l’impatto dei verdetti di Napoli è stato dirompente e costituisce uno spartiacque.
Prima di allora, c’era chi ancora si permetteva di criticare nel merito le plurime sentenze di condanna della Juventus.
In sede sportiva, perché si sosteneva la sommarietà di un giudizio per sua stessa natura celere (ed ora possiamo dire che questa celerità ha piuttosto giovato alla Juventus, graziandola da baratri agonistici di tutt’altra natura).
In sede penale, perché si diceva che la condanna a seguito di abbreviato contro l’amministratore delegato della Juventus, Antonio Giraudo, aveva rappresentato un giudizio allo stato degli atti, maturato cioè sulle carte contenute nel fascicolo del pubblico ministero.
Con ciò, dimenticandosi peraltro che la richiesta di rito abbreviato costituisce un diritto esclusivo dell’imputato. Un diritto che, quindi, Giraudo aveva esercitato nella consapevolezza e libera scelta di farsi processare sulla base di quelle risultanze investigative. Allo scopo di avere uno sconto di pena.
Oggi non può sostenersi nulla di tutto questo.
Perché le accuse sono state confermate all’esito di un’intera istruttoria dibattimentale protrattasi per anni.
Allora, una relazione come quella di Palazzi, va ridiscussa alla luce di questo: non solo in quanto maturata sul presupposto di un’abnorme finzione di incolpazione a carico di una persona defunta, istituto non previsto nell’ordinamento giuridico di un paese civile, e come tale inammissibile.
Ma anche per i suoi pressappochismi contenutistici e per l’indebito accostamento di posizioni processuali diverse, che il ben più accurato vaglio dibattimentale penale ha dimostrato essere impossibile, mantenendone invece distinte le sorti.
Inter, adesso sta a te: la palla è davvero nei tuoi piedi e la porta è spalancata.
Avv. ELENA NITTOLI
da fabbrica INTER
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